Gravner – saluti ad un Orange che non ci sarà più
Il Breg Bianco di Gravner è un vino da grandi emozioni, sia che lo si approcci da degustatore (semi-professionista) sia che lo si approcci da semplice curioso.
Filosofia biodinamica, coraggiosa e coerente; fermentazioni nelle anfore di terracotta interrate così come appreso nel suo viaggio in Georgia (terra nella quale si vinifica da 8000 anni). Posizioni radicali per un vino radicale. Radicale come la scelta di espiantare tutte le vigne del Breg che non sarà più prodotto al fine di ripristinare aree boschive e dedicarsi ai soli vitigni autoctoni dell’Oslavia; solo 2 ettari torneranno ad essere dedicati alla viticoltura.
Sì, il Breg diventerà una bottiglia “rara”.
Prodotto con Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay e Riesling Italico (in percentuali decrescenti).
La fermentazione è spontanea e senza alcun controllo delle temperature. Svinato e torchiato (ciascuna uva a sé), il vino (ora assemblato) riposa in anfora per circa 5 mesi prima di “addormentarsi” per 6 anni (si, sei anni) in botte di rovere. Nessuna filtrazione, nessuna chiarificazione.
Stupore. Sconcerto. Temperatura non controllata e una tale finezza nella stessa bottiglia?
E’ un pugno ai sensi di chi lo beve.
Agli occhi colore ambrato. Ma non è un’ambra spenta. E’ acceso, lucente, più che cristallino, di rara consistenza.
Al naso le sensazioni non terminano mai. Cambiano, mutano e mano mano che il naso si abitua ad un sentore, ecco che ne compare uno nuovo: zafferano, tanto, prezioso zafferano; frutta secca, salvia e timo, albicocca; arriva la mimosa, segue la camomilla. Quasi una nota rotonda di miele di castagno. E ancora l’agrume candito. E poi il dattero. Una imponente mineralità. E poi nuovamente lo zafferano e lo spartito ricomincia. Un vino da bere quasi ad una temperatura da rosso giovane anche se personalmente trovo più divertente partire da qualche grado in meno e percepirne tutta la progressiva apertura.
La bocca è avvolta da una morbidezza incredibile ma il sorso è sorretto da una grandissima acidità. Un equilibrio esagerato come tutte le sensazioni provate. Il Breg non si beve, si mangia; non perché sia opulento o pesante ma perché dentro c’è “tanta tanta roba”. Sulle labbra rimane il sale. Nella bocca ritornano in piena corrispondenza con il naso, tutte le note fresche di erbe e le note calde fruttate e floreali, tutta la balsamicità che può essere estratta da un’uva. Più che di persistenza qui si potrebbe parlare impropriamente di durata; si misura con l’orologio. Una leggerissima trama tannica legata alle grandi estrazioni.
Il Breg è un vino ancestrale (non come alcuni i vini rifermentati in bottiglia…). Un vino che con un colore moderno (che sa tanto di moda ma che ha fatto la moda) rimanda ad antiche tradizioni. Un vino solare, un vecchio saggio da ascoltare.