Damiano Ciolli e la Botte 22
No, questo non è l’ennesimo articolo o post che parla degli splendidi Cesanese di Damiano Ciolli; si, ok, lasciatemi dire che se non l’avete mai bevuto, lo dovreste fare e lo dovreste fare cercando a tutti i costi la “rusticità” tipica del Cesanese. Non la troverete. Siamo su altre dimensioni.
Damiano è tra quei produttori che alla quantità ha preferito nettamente la qualità, consapevole di avere tra le mani un territorio che ha tutte le caratteristiche per proporre vini di eccellenza: forte presenza di sedimenti vulcanici, ventilazione costante (dal mare o dai monti), dolci pendii sulle colline.
Un giorno arriva una botte nuova per il Cirsium e Letizia (sua compagna nonché enologa) che fa? Si inventa, per “sgrassare la botte”, il Botte 22. L’esperimento è interessante.
Parliamo di un blend di Trebbiano (70%) e Ottonese (30%) da vecchie vigne impiantate su terre rosse vulcaniche. Vendemmia manuale, macerazione a freddo per una notte. La fermentazione è spontanea, senza controllo di temperatura, nelle botti nelle quali affinerà per 11 mesi a contatto con i depositi. Seguiranno altri 11 mesi in cemento.
Limpido (ancora freddo nel bicchiere in foto), di un giallo paglierino che trasmette un senso di accoglienza. Evidenti i riflessi dorati. La consistenza nel bicchiere fa pensare da un sorso pieno.
Intenso e particolarmente spinto verso note di frutta gialla matura. La nota fumè e minerale di un terreno vulcanico esplode nel bicchiere. Una nota di burro e una chiusura frutta secca (mallo di noce).
Fresco e dissetante. Potente al palato, e di ottima persistenza.
E’ vino che fa venire voglia di una serata tra amici, magari con un Johnny Cash in sottofondo e un bel pollo ruspante nel piatto.