Degustazioni,  Italia,  Riserva Grande,  Trentino Alto Adige

Interpretazioni di Pinot Nero dell’Alto Adige (e un intruso)

“Il vitigno nobile”, “un vitigno difficile da interpretare”, “con il nebbiolo, il punto di arrivo di ogni degustatore”, “l’enfant terrible”…sì, il Pinot Noir, re della Borgogna. Per la sua capacità di esprimere il territorio, l’annata e la mano dell’uomo, è una vera tavolozza e vero pennello nelle mani del viticoltore come pochi altri vitigni al mondo. Tanto difficile da vinificare quanto complesso da degustare; per nulla schietto, talvolta misterioso nelle sue mille sfaccettature, quasi mai pacchiano, necessità di tempo e grande attenzione per apprezzarne tutti i suoi segreti. La degustazione è alla cieca, nessuno (nemmeno Marco Cum che conduce le danze) conosce l’ordine di servizio; nessuna possibilità di essere influenzati dal nome delle etichette (alcune davvero storiche). 

Vinificato in ogni angolo del globo, la sua capacità di amplificare il terroir lo porta ad esprimersi con risultati talvolta buoni, talvolta rivedibili, talvolta di indubbia eccellenza come in molti casi di successo dell’Alto Adige. Il Pinot Nero è un vitigno del freddo. La degustazione organizzata da Riserva Grande, delegazione romana della Scuola Europea Sommelier, si è dunque concentrata su cinque grandi espressioni dall’Alto Adige e un famoso intruso. Dalla Valle Venosta al Meranese di Colline Terlano, dalla zona di Santa Maddalena ai Colli di Bolzano, fino alla Valle d’Isarco le vigne di Pinot Nero le vigne si concentrano nella conca che parte da Rovereto e prosegue fino a Bolzano spingendosi poi nelle valli più remote. Un Cru storico presente in degustazione: il Mazzon, Frazione di Egna (300-425m), rocce calcaree con prevalenza arenaria, citato e noto già nel 1869 come zona di elezione. Un Cru posseduto da pochi produttori: Hoffstatter, Rottensteiner, Gottardi, Carlotto, Franz Haas, Oberhauser e le cooperative Traminer, Girlan e Morgrid.

Rendere l’idea delle grandi sorprese che la degustazione alla cieca ha riservato ai presenti è quasi impossibile; considerata la grande eterogeneità di giudizio nella platea, nella narrazione seguirò semplicemente l’ordine di servizio iniziando dalla bottiglia che oggettivamente ha convinto tutti.

Alto Adige Pinot Nero DOC “Mazzon”, Gottardi.

Luminoso, un’unghia appena granata, decisamente luminoso. Di una eleganza travolgente fin dal primo approccio. Rosa canina, fiori appena appassiti, leggiadre note di incenso fanno da sottofondo a piccole fragoline di bosco, ad un tappeto di violette; parte in contropiede con note più mature di ciliegia e amarena; chiude una piacevole nota leggermente balsamica. Eccellente. Elegante e perfettamente corrispondente anche in bocca, assolutamente sapido e minerale, non presenta punte di durezza, l’assaggio è decisamente equilibrato e di lunga persistenza. L’avvolgenza percepita al palato dona alla degustazione una rara tridimensionalità. Chiude con una nota erbacea e ammandorlata che pulisce la bocca e chiude il sipario, quasi una nota di radice, di genziana, di erbe officinali. Di gran classe, non rivela facilmente l’anno (almeno uno, in verità) passato in barrique. Una bottiglia che deve essere degustata almeno una volta, bottiglia che non si concede subito, che ha il “difetto” di avere una bevibilità tale da non concedersi il tempo per far rivelare tutto quello che c’è nel calice.

Pinot nero Gottardi
Alto Adige Pinot Nero DOC “Mazzon”, Gottardi.

Alto Adige Pinot Nero DOC “Barthenau Vigna S. Urbano” 2016 – Hofstätter

Hofstätter, cantina che ha fatto la storia dell’enologia di qualità in Alto Adige, presente alla degustazione con il Barthenau. Un anno di barrique, otto mesi di botte grande e almeno altri otto in bottiglia. Di un rubino denso, deciso, profondo. Estremamente tipico al naso con i sentori di sottobosco, di piccoli frutti rossi, di ciliegie marasche che lasciano spazio a più freschi lamponi; non mancano sentori di tostatura e lievi nuances di spezie dolci e cacao. Caldo in bocca, rotondo e armonico; solido, fine e persistente; la trama tannica è convincente; slanciato, bilanciato, importante. Impiega un po’ a svelarsi e proprio per questo convince, prova quasi a sembrare più chiuso; possiede una rara raffinatezza come solo un vino di grande caratura possiede.

Pinot Nero Hofstatter
Alto Adige Pinot Nero DOC “Barthenau Vigna S. Urbano” 2016 – Hofstätter

Alto Adige Pinot Nero DOC Pigeno 2016, Stroblhof

Anche in questo caso il calice non tradisce in termini di eleganza, forse un po’ meno complesso in termini di complessità per via di una nota fruttata più decisa rispetto ai primi assaggi. Dello Stroblohf ricordavo le chiare note di fragolina di bosco, le rose, il finale di corteccia bagnata e di erbe di montagna; fine e abbastanza complesso. Il ricordo è stato pienamente confermato e probabilmente è il suo marchio di fabbrica così come la sua croccantezza; anziché stupire in termini di raffinatezza, si fa apprezzare proprio per la semplicità di beva. Una di quelle bottiglie che, per la sua versatilità, raramente manca in cantina.

Alto Adige Pinot Nero DOC Pigeno 2016, Stroblhof
Alto Adige Pinot Nero DOC Pigeno 2016, Stroblhof

Alto Adige Pinot Nero DOC 2018 – Terlan

Grande sorpresa (essendo una cantina sociale) ma fino ad un certo punto (conoscendo la qualità della loro produzione). Dopo due interpretazioni di Pinot Nero nel segno dell’esclusività, dopo quella rivolta a valorizzare le facilità di beva, il Pinot Nero di Terlan stupisce da subito per le note fresche. Dopo aver fatto roteare il calice, è un susseguirsi di note di montagna: more, mirtilli neri appena colti, lamponi, evidenti note di sottobosco. Emerge la cipria. Si distingue una delicata nota balsamica. La trama tannica sorregge la pienezza del sorso; la corrispondenza gusto-olfattiva è pienamente centrata: rafforza l’idea un cesto frutti bosco sotto acqua corrente. Tutto è misurato, tutto è in equilibrio, tutto è rispettoso del frutto. Un Pinot “alpino”.

Alto Adige Pinot Nero DOC 2018 - Terlan
Alto Adige Pinot Nero DOC 2018 – Terlan

Pinot Nero Toscana 2016 Podere della Civettaja

Prendi delle barbatelle prodotte da selezione massale di Pinot Nero di Borgogna, mettiti in testa di realizzare un grandissimo Pinot Nero lontano dalle sue tipiche zone di elezione (siamo nel Casentino), tieni il vino per 12 mesi in barrique, travasalo poi in vasche di cemento, imbottiglia per caduta e senza alcuna filtrazione…ed ecco il Pinot Nero di Podere della Civettaja. Devo confessare: l’intruso era presto svelato. Il naso era troppo diverso da quello degli altri calici: sfaccettato, con note che spaziavano dalla frutta rossa alla liquirizia, dalle spezie dolci ai fiori secchi, da note balsamiche a sentori che rimandano a ricordi quasi dolciastri di mou e frutta candita. Originale. Di grande personalità. E’ quella persona che riconosceresti nella folla lontano un miglio. La personalità di conferma anche in bocca e paradossalmente si amplia la gamma delle note gusto-olfattive: la chiusura di arancia sanguinella è decisamente conturbante.

Pinot Nero Toscana 2016 Podere della Civettaja
Pinot Nero Toscana 2016 Podere della Civettaja

Vigneti delle Dolomiti IGT Pinot Nero 2013 – Elisabetta Dalzocchio

Probabilmente il Pinot Nero che più si avvicina all’interpretazione del Pinot della Borgogna. Biodinamico, nessun intervento, fermentazioni spontanee, uve parzialmente diraspate, utilizzo di barrique in rovere per 18 mesi. Elegante, prestigioso nella capacità di coniugare le caratteristiche varietali già incontrate nel corso della degustazione con note più selvagge: ai sentori di sottobosco, rosa canina, prugna in confettura seguono netti sentori di fieno, ricordi di humus e corteccia bagnata, cuoio e pellame. Una terziarizzazione già presente e convincente per l’integrazione raggiunta. Il sorso è rotondo, il finale sembra non arrivare mai. Assolutamente equilibrato e armonico. 

Vigneti delle Dolomiti IGT Pinot Nero 2013 - Elisabetta Dalzocchio
Vigneti delle Dolomiti IGT Pinot Nero 2013 – Elisabetta Dalzocchio

Una degustazione completa che ha messo in mostra parte delle mille interpretazioni del Pinot Nero: l’esclusività, la finezza, la regalità, la versatilità, la flessibilità, la completezza.

Una degustazione decisamente stimolante, complessa, istruttiva.

Estasiato dall’eleganza del Gottardi; intrigato dal fascino di Hofstatter; invogliato dalla bevibilità di Stroblhof; attratto dalla delicatezza di Terlan; colpito dalla personalità di Podere della Civettaja; convinto dalla completezza di Dalzocchio.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *