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Nebbiolo nel Cuore 2020 – 18 Sfumature di Nebbiolo

“18 Sfumature di Nebbiolo”. Il titolo del seminario nasconde ovviamente una punta di ironia e di malizia per stimolare un sorriso tra appassionati e addetti ai lavori. In un evento così importante come Nebbiolo nel Cuore, tra importanti degustazioni, si trova spazio per un seminario che mescola lo spirito più sbarazzino del format ideato con l’elevatissima la qualità dei vini degustati: un contest informale nel quale i presenti hanno avuto l’opportunità di degustare alla cieca 18 vini a base nebbiolo divisi in batterie con la possibilità di votare il loro preferito. Nessuna classifica o vincitori ma solo la voglia di mettersi (e metterli) in gioco nascondendo “leggende nebbiolesche” tra giovani cantine, nomi altisonanti e belle scoperte.

Un seminario decisamente intenso: 18 calici sono tanti. Tanti per chi li presenta, tanti per chi li degusta e, perché no, anche per chi li serve (complimenti davvero ai Sommelier della Scuola Europea Sommelier di Roma per la gestione dei tempi e la precisione).

Dicevamo delle batterie: tre quelle previste.

PRIMA BATTERIA: i Nebbioli dal Grande Freddo (Valtellina e Alto Piemonte)

I nebbioli dal Grande Freddo

Il primo calice si presenta di un bel rubino che mostra i suoi primi riflessi granati. Apre con una piacevole nota asprigna che ricorda una spremuta di melograno, una robusta nota ferrosa ed ematica che mostra i muscoli nei primi approcci alla degustazione. Più tardi emergono la prugna, la fragola di bosco, i ribes. La chiusura è dedicata alla grafite, al tabacco, quasi una nota di corteccia di quercia. Grandissimo equilibrio e ottima beva sorretta grande sapidità e acidità per questo calice di Le Prudenze, Valtellina Superiore DOCG 2015, Marsetti”.

Luminoso, molto delicato con le sue note di rose ancora non del tutto appassite, rose che mantengono ancora un vena di freschezza. Un naso eccellente pieno di fragoline di bosco e violetta. Riesce a coniugare magistralmente intensità, raffinatezza ed l’esuberanza di un nebbiolo “del freddo”. Tannino pulitissimo, vellutato. Gratus DOC 2017, Poderi ai Valloni. Un vino che si presenta già equilibrato nonostante abbia davanti ancora buone possibilità di affinamento.

Una decisa nota floreale attira il naso verso il calice; la speziatura evidente ma non invadente, ti accoglie e lascia la parola alla rosa canina, al tabacco dolce, all’arancia sanguinella. In termini di corpo si colloca tra i primi due vini, un filo più complesso del secondo che giocava più su un carattere delicatamente fruttato e floreale. Del Rosso della Motta DOC 2014, Centovigne apprezziamo i tannini di grande pulizia, avvolgente, si allarga e avvolge il palato con suo fare suadente, non privo di una sua densità, “polposo”, accattivante.

All’esame visivo presenta tutte le caratteristiche del Nebbiolo in Valtellina con i suoi vivaci riflessi rubino Eccellente in termini di limpidezza. Austero con le sue note ferrose, con le sue ricercate punte di ossidazione, con una lieve nota erbacea. Ruotato nel calice, sebbene non particolarmente complesso, sprigiona invitanti sentori di frutta e fiori, emerge in seguito il mallo di noce, un fondo di corteccia e di sottobosco. I tannini meritano ancora qualche anno di affinamento. Ne gioveranno anche le percezioni in termini di persistenza, oggi ancora influenzate dalla forza del tannino. Valtellina Superiore La Mossa DOCG 2013 La Perla, da attendere.

La grande consistenza rispetto ai compagni di batteria svela presto l’identità del vino nel calice; il naso rafforza il presentimento, la bocca conferma definitivamente che stiamo degustando lo Sfurzat DOCG 2012 di Le Strie. Fascinoso. Succoso. Rotondo. Un vino che si presenta ampiamente fruttato, una frutta in confettura. Non mancano delle note erbacee ed eteree, lievemente smaltate. Note fungine appena accennate e una delicata chiusura che vira sulla liquirizia. Di grande corpo, una bocca ampia e perfettamente corrispondente al naso. Tannini dolci, per nulla invadenti. Un vino che alla degustazione ha mostrato una buona “tridimensionalità”.

Un meraviglioso vino da nebbiolo del Nord. Fiori blu (tanti fiori blu), rosa canina, si percepiscono note di prugna, china, delle note di leggera tostatura e tabacco dolce, sandalo, leggere note di arancia matura. Un naso nel quale i sentori si ripresentano senza soluzione di continuità, non bussano come se fossero in fila ma si susseguono integrati l’uno all’altro. E’ un vino “misterioso”, va scoperto e capito con la giusta calma. Suadente, pulitissimo, equilibrato, fresco ma con “il cuore caldo”. Il Ghemme Dei Mazzoni DOCG 2015 di Tiziano Mazzoni è un campione di bevibilità pur non facendo sconti in termini di corpo e robustezza.  

SECONDA BATTERIA: i Nebbioli suadenti (Roero e Barbaresco)

Solo qualche minuto per svuotare i calici e già prende il via la seconda batteria verso le aree dei Nebbioli più suadenti: Barbaresco e Roero. 

Il Roero DOCG 2008 di Cascina Lanzarotti stupisce per la una nota leggermente ematica (se associata ad un Roero), accoglie con una calda arancia candita, sfama e sazia con la nocciola tostata. Un filo di alcol percepito al naso rapidamente scompare lasciando al naso una sensazione di freschezza, di sapidità, quasi di leggera salamoia. Rotondo, elegante, un tannino pulito. 

Il secondo calice della batteria mette in mostra un naso più opulento, più vivace (probabilmente legato alla “giovane” età). Fiori, fragole di bosco, lamponi e speziature convincono e invogliano al sorso. Ti conferma elegante anche in bocca, esprimendo una bella nota di nocciola. Il Barbaresco DOCG Bricco di Neive Riserva 2010 di Dante Rivetti dona un calice “aristocratico”, persistente e ampio, raffinato nei tannini.

Al terzo calice si prova la stessa sensazione di un regalo inaspettato: stupore, curiosità, piacere nello scartare e nel cogliere un delicatissimo manto di fiori blu, di iris, di piccoli frutti. Molto conturbante, non lascia spazio a facili note ruffiane. Gentile. Elegante come un abito da sera. Una bellissima scoperta questo Roero DOCG 2012 di Cantina Careglio.

Il Karma Roero Riserva DOCG Cantina Monpissan, al calice, si presenta rosso rubino, delicato, brillante. Note rotonde, piene, succose di lampone e fragole di bosco. La bocca è importante ma non pesante; equilibrato nel complesso. Si apprezza la capacità di questo Roero di tenere il gran passo con altri nebbioli più altisonanti. 

Profumi esuberanti di mora e sottobosco, una marmellata di rabarbaro, una nota eterea quasi di sciroppo, un piacevole sottofondo di rose e violette. Il Barbaresco Roncaglie DOCG 2010 di Poderi Colla porta con sé il bagaglio completo di un buon Barbaresco. Elegante e ricco, intenso, quasi avvolgente con il suo tappeto di tannini fini. Il palato è decisamente pieno ma non muscolare. Invito continuo alla beva. 

L’ultimo della batteria, il Barbaresco DOCG 2010 di Fratelli Grasso, è  intenso, etereo quanto basta, lamponi e mirtillo in primo piano davanti ad una speziatura gradevole, per nulla pungente, intenso. Una nota delicata di vaniglia non distoglie l’attenzione dalle caratteristiche varietali del Nebbiolo. Abbastanza armonico, di buon equilibrio sebbene al sorso siano più percepibili le note morbide. 

ULTIMA BATTERIA: i Nebbioli della Grande Tradizione (Barolo e Barbaresco)

Dopo avere mostrato 12 delle 18 sfumature previste, la degustazione apre le porte alla DOCG che nell’immaginario comune è l’alfiere del Nebbiolo: il Barolo. Interessante vederne le varie espressioni, ancora più stimolante è nascondere e/o scovare qualche Barbaresco tra i vari Baroli proposti.

Un bel colore rosso granato brillante ed un profumo intenso. Naso importante, naso da “premio”, si percepisce immediatamente lo spessore. Speziato, una intrigante nota di tamarindo, di sandalo, di tabacco; un naso di rara eleganza; una nota mentolata che si integra con un leggero sbuffo fumè. Alle immancabili viole, qui si affianca anche una traccia di spezie orientali, curcuma. Non manca la tipica chiusura di liquirizia, non caramella, quasi radice vera e propria, una sensazione non opulenta di liquirizia, una sensazione “matura”; c’è spazio anche per il cacao e il caffè. La bocca è asciutta, piena, armonica e di grande struttura. La grande acidità sostiene magnificamente tutta la “sostanza” che si propone in bocca così come già al naso. Il Barolo Riserva Rocche dell’Annunziata DOCG 2012 di Aurelio Settimo fa partire subito in quarta quest’ultima batteria.

Il Barbaresco Spezie Riserva DOCG 2008 di Vite Colte ha un calice che al naso si presenta meno ampio di chi lo ha preceduto; ciò nonostante ha la personalità giusta per impressionare, trasmette un senso di calda e rassicurante antichità, l’odore che solo le case antiche trasmettono con quelle tracce di cera, cenere e incenso; è un calice che sembra quasi voler stimolare una divagazione nei nostri ricordi. Parliamo di un calice che emana sentori di canna di fucile, di polvere pirica, con rimandi ammandorlati di genziana. Si badi, non parliamo minimamente di un vino ormai sulla sua curva discendente, è ancora vivo, in pieno equilibrio, un vino che mantiene ancora una incantevole freschezza.

La pacatezza del Barbaresco Spezie diventa ricordo davanti al nervo del Barolo Contadin DOCG 2015 di Bricco Maiolica. Già al calice si percepisce un vino ancora teso, scattante, un vino che scalcia e che chiede di concedergli qualche tempo in più per esprimersi al meglio (specialmente con riferimento ai tannini, ancora decisamente pungenti). Già convince con note di fiori blu e rosa, anice stellato e liquirizia, con sensazioni che si accavallano virando verso note balsamiche. La ciliegia è matura, la viola appassita, la vaniglia quasi cremosa. Risulta di grande struttura e di grande persistenza.

Non poteva nascondere la sua identità un tale barolo della tradizione, tradizionale nel senso più etimologico del termine: un vino che ci consegna l’essenza più intima del Barolo. Un calice nel quale una disarmante delicatezza danza insieme ad un raro vigore; il Barolo Monprivato DOCG 2015 di Giuseppe Mascarello è  la carezza della possente mano di nostro nonno quando eravamo bambini, quella mano che riusciva ad infondere un profondo rispetto e dalla quale bramavamo affetto. Uno sterminato stuolo di fiori blu e di piccoli frutti di bosco, minerale come pochi. Liquirizia, tabacco, pepe nero e noce moscata non mancano, anch’essi integrati nel segno dell’eleganza. Una seta sul palato. Straordinario con la sua austera e regale persistenza. Il naso e la bocca quasi mandano in secondo piano le affascinanti nervature granate.

Decadente eleganza, fumè, punta di ricercata ossidazione, note smaltate, tracce ematiche.  Naso carico di bacche rosse mature e sentori di rovere e vaniglia. Speziato quanto basta vira verso i chiodi di garofano, una leggera nota di cuoio e corteccia arricchiscono il bouquet. Pieno, concentrato, tannini piacevolmente percepibili. Potente, non scomposto. Nel Barbaresco Riserva DOCG 1999 di Roberto Sarotto si percepisce un nebbiolo ancora in evoluzione e, probabilmente, piace anche per questo.

Calice rosso rubino scarico come giusto che sia. Discreta “tridimensionalità”. Vincente con la lunga nota mentolata che alleggerisce la percezione di un calice davvero “pieno”. In una bocca pulita in piena evoluzione si distinguono con chiarezza le note speziate, di liquirizia, di fiori blu; emergono i frutti rossi, la vaniglia; già si percepisce il cacao. La persistenza gioca molto sulle note fruttate e speziate.Il Barolo di Barolo docg 2015 Virna è complesso, per la “completezza” merita ancora qualche anno di affinamento che sosterrà senza alcun problema a giudicare dall’acidità ben integrata.

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