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Beviamoci Sud 2020 – Gianfranco Fino

Riserva Grande, Andrea Petrini e Luciano Pignataro hanno dato il via al primo grande evento a Roma dedicato ai vini rossi del Sud Italia (Beviamoci Sud).

Seminario sui vini dell'azienda Gianfranco Fino
Seminario sui vini dell’azienda Gianfranco Fino

L’evento parte forte, con la voglia di raccontare una storia di successo di un Sud che non parla tanto all’Italia quanto al mondo; è la storia di una viticoltura storicamente quantitativa quella pugliese che con fatica vuole rimodulare la propria immagine proponendo vini di qualità, una viticoltura “eroica” non per il clima o per il territorio nel quale cresce ma per il contesto storico dal quale vuole emergere.

L’azienda di Gianfranco Fino è l’ospite d’onore del primo seminario. E’ una di quelle realtà che sta traghettando la viticoltura verso il nuovo corso, crea quelli che potremmo definire dei “vini evento”, vini che accendono il faro sul territorio, vini che fanno discutere i critici e gli amanti andando a creare un vero e proprio bipartitismo. Un vino mediatico ma non di massa: un vino che comunica di una assolata Puglia che lavora con meticolosità, parla della ricerca di un vino a base Primitivo o Negroamaro che non cerchi solo grandi estrazioni penalizzando l’equilibrio e la pulizia, un vino che mette in scena la grande rincorsa del “tacco dello stivale”.

Es, Jo, Es Più Sole, Simona Natale Rosè Pa Dosè
Es, Jo, Es Più Sole, Simona Natale Rosè Pa Dosè

Es”. Vino di uve Primitivo. Con i suoi 16.5° trasmette una grande potenza intrinseca, una potenza comunque ben integrata e ben gestita grazia ad un’acidità importante. Allevamento ad alberello che affonda le sue radici nel tufo che, essendo particolarmente permeabile, ben lo protegge dalla siccità. L’annata 2015 si presenta al naso con una esplosione di frutta, di confettura di more, di ricordi cacao, di ciliegia sotto spirito. Non mancano note di carruba, di prugna, di fichi secchi e tabacco. Un cioccolatino boero. Un ricordo di caucciù lega le percezioni olfattive. La presenza della frutta in bocca è così importante che quasi inganna facendo percepire un senso di “dolcezza”, grandi quindi le morbidezze. L’alcol si presenta ben integrato. Nonostante il corpo davvero importante, l’acidità riesce a sostenere abbastanza bene il sorso. Il 2016 propone una frutta più fresca, meno matura; una bottiglia meno opulente seppur nel pieno segno di continuità con la precedenza. “Es” è un fiume di travolgente passione; carnoso, sinuoso, con una silhoutte intrigante.

Si prosegue con “Jo”, 100% Negroamaro (da Jonico, uno degli antichi nome del Negroamaro così come il chiaro riferimento al mare la cui brezza si propaga fino alle vigne in questione). Un vitigno estremamente produttivo anche in viti vecchie (fino a 5 kg di uva a pianta, si racconta in sala) che richiede un attento diradamento. Un Negroamaro “tutto e subito”, un vino che forse non si concederà ad importanti evoluzioni, lo Jo è meno “ricco” dell’Es; si presenta vivace, fine, meno opulento del vino che lo ha preceduto. E’ energico ma non scalpitante; è un ciclista passista che distende la sua pedalata sull’allungo. All’immancabile frutto maturo, lo Jo affianca una piacevole nota di macchia mediterranea (rosmarino, origano, mirto su tutti), una leggera nota balsamica. Nota di ciliegia e carruba sul finale. Piacevolmente astringente la percezione verde presente tanto al naso quanto alla bocca. La buona acidità rende convincente il sorso.

Il viaggio prosegue con “Es più sole”. Solamente 4 le annate prodotte (2008, 2012, 2017, 2018), quelle annate perfette che hanno consentito un adeguato appassimento in vigna, sulla pianta, senza forzatura. Un’annata da 24 gradi-alcol potenziali. Un trionfo di uva sultanina, di amarena sotto spirito, di canditi. Un enorme mazzo di rose rosse. Una forza pazzesca. Un vino con un ingresso dolce e morbido, un’uscita più verticale, che muta nel corso dello stesso sorso. 

Sebbene sia stato servito per primo, penso che sia doveroso lasciare la chiusura al “Simona Natale Rosè Pa Dosè”. Curiosa la storia di questo spumante Metodo Classico che, come molte belle scoperte, è quasi figlio del caso, figlio di un’annata (la 2009, sarebbe stato lo Jo 2009) poco fortunata. Troppo poco alcol e troppa acidità. Si prova la via della spumantizzazione. La prova convince e dopo 5 anni parte la linea produttiva vera e propria. Passaggio in barrique e poi in bottiglia (magnum, come quella degustata). Bolla fresca, complessa, bell’esempio di rosato spumante di Puglia che non vuole essere un vino “tutta frutta”. Fine. Nella sua pulizia non tenta minimamente di imitare noti spumanti del Grande Nord. Vuole essere se stesso e lo fa bene. E’ uno spumante del Sud, dicevamo. E’ estremamente energico, ha un bel frutto croccante, deciso. Una nitida nota sapida, marina. Stuzzicante. Chiude con una nota amaricante, una ciliegia fresca. Stupisce, bevuto in sequenza con il vino fermo di Negroamaro (spumante, vino fermo e ritorno allo spumante) per la capacità di preservare gli aromi varietali nonostante la non trascurabile sosta sui lieviti e il passaggio in barrique. La scelta del Pa Dosè ne amplifica lo slancio, riduce la rotondità del frutto, consente al sottofondo di mirto di amplificare la sua presenza, permette alla macchia mediterranea di emergere con le note di rosmarino. Convince per la tenuta della beva anche a temperature di servizio normalmente proibite agli spumanti. 

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