Anfore, vulcano e territorialità: I Cacciagalli
Le zone vitivinicole che possano vantare un terroir vulcanico riescono sempre ad intrigare per la tipica mineralità “scura” dei vini prodotti, un terroir che trova declinazioni molto diverse tra loro su tutto il territorio italiano (si pensi al Super Vulcano della Val Sesia, al Vesuvio, all’Etna). L’areale di Roccamonfina, sebbene non sia ancora riuscita ad imporre una propria identità che prescinda dal singolo produttore, vanta una tradizione che affonda le proprio radici fin dall’epoca romana e merita una certa attenzione. Siamo in provincia di Caserta, lungo le pendici del vulcano spento di Roccamonfina (per intenderci, quello la cui silente attività dà origine alle bollicine della Ferrarelle). Una zona vocata la cui matrice vulcanica (di composizione prettamente sabbiosa) è battuta tanto dei venti che provenendo dal mare si insinuano nell’entroterra, quanto da quelli freschi e asciutti che l’imponente massiccio del Matese spinge verso la costa.
E’ qui, in una zona in lenta e costante (ri-)scoperta della produzione di vino di qualità, che la famiglia Iannaccone decide di rinnovarsi scegliendo una viticoltura caratterizzata da soli vitigni autoctoni (Aglianico, Pallagrello Nero, Piedirosso, Fiano, Falanghina). La località “I Cacciagalli” dà il nome all’azienda che, tra noccioli castagni ed olivi, segue un approccio biodinamico e abbraccia la scuola secondo cui l’utilizzo di anfore consente di valorizzare pienamente gli aromi varietali senza rinunciare al prezioso (se ben dosato) apporto dell’ossigeno. L’utilizzo di tali vasi vinari non sembra una scelta dettata dalla moda ma l’esito naturale di anni di sperimentazione volte a cercare il giusto equilibrio tra l’espressione del vitigno e la creazione di un prodotto dalla spiccata personalità che, con originalità, sappia emergere nel panorama dei vini campani. Nessuna chiarifica, nessuna filtrazione.
L’accoglienza è convincente. Si parla de I Cacciagalli ma non solo; si parla delle difficoltà della zona ad emergere; si racconta la storia del luogo; ci si confronta sui viaggi fatti tra vigne (dalla “vicina” Irpinia alla lontana Loira); si cercano elementi comuni e distintivi tra i gusti personali. Il giusto preludio ad una degustazione convincente.
Si parte con un Fiano in purezza, non commercializzato, creato come “regalo” per chi decide di conoscerli direttamente in casa loro. Verticale, fresco, gradevole nella sua semplicità, perfetto per aprire le danze.
“Aorivola”, Falanghina in purezza, affinamento in acciaio, fermentazione spontanea, bucce a contatto per 12 ore. Quando scrivevo della personalità dei vini de I Cacciagalli probabilmente pensavo a questa bottiglia. Finalmente una falanghina che non sia sbilanciata su sentori floreali; le note mediterrane sono evidenti così come intriganti gli spunti agrumati e la nuance minerale; la pesca è la percoca tipica della zona. Deliziosamente fresca, gradevolmente sapida, si caratterizza per una chiusura di una persistenza non comune per la categoria. Vuotato il calice, rimane il piacevole ricordo di una Falanghina snella, dissetante, ricca.
Potremmo forse dire che il Fiano “Zagreo” sia la bottiglia nella quale è evidente lo stile dell’azienda. Nessun tentativo di assomigliare ai Fiani caratterizzati dalle escursioni termiche dell’Irpinia; un fiano pieno, rotondo, “masticabile” grazie alle lunghe macerazioni sulle bucce. Un vino che ha quei sentori del “vino di una volta”, un vino nel quale le note di mela verde giocano con quelle floreali (tanto fiori bianchi quanto fiori gialli); un vino per il quale si capisce come sia vivo e in evoluzione (chissà, in termini di longevità…).
Roccamonfina IGT Aglianico “Pellerosa”. Un rosa chiaretto al calice di rara luminosità (non dimentichiamo che parliamo di vini non filtrati/chiarificati). E’ intenso nel suo bouquet di viola e rosa, emergono prepotenti le note di gelso e ciliegia. Pieno, con una trama tannica fine che dona grande versalità, avvolgente e persistente. Un vino decisamente gastronomico e che convince per questo. Interessante interpretazione rosata dell’Aglianico.
Il Mille è un succoso blend di Piedirosso, Aglianico e Pallagrello Nero. Rubino impenetrabile. Sia al naso che in bocca, rimanda immediatamente ad un cesto di more appena colte e rinfrescate nella fontana del paese; il persistente ricordo floreale e speziato lascia spazio ad uno spunto leggermente chinato. Nella beva, generosa e piena, si integrano e bilanciano perfettamente gli spunti rustici del pallagrello con la compostezza dell’aglianico e la dissetante freschezza del piedirosso; è un vino vitale, mutevole al calice.
Chiudiamo con una nota di colore: partiti per degustare vino ci siamo “ubriacati” di prodotti agroalimentari serviti nel ristorante della tenuta; il prosciutto di maiale nero di Caserta è “illegale”.